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La registrazione dell’informazione avuta nell’uno o nell’altro registro deriverà dalla considerazione del P.M. alla luce dell’art. 109 disp. att. c.p.p.

Se il RM. Crede che l’informazione, già catalogata nel registro degli atti che non costituiscono dato di reato, fa richiesta di esecuzione di inchieste preliminari, prima che esse vengano ordinate dovrà essere eseguita una nuova catalogazione nel registro delle informazioni di reato, con precisazione in merito alla derivazione (nella colonna 2); contemporaneamente la trascrizione dovrà essere registrata nella colonna 7 del registro dei documenti non istituenti notizia di crimine.

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Per esempio, il trasferimento all’ufficio della Procura della Repubblica da parte del tribunale di un verdetto che attesta bancarotta (che rappresenta un obbligo previsto dalla legge) verrà catalogato nel registro dei dati non istituenti informazione di reato; ove poi dalla lettura del rapporto del responsabile fallimentare intanto chiesta (che non rappresenta attività di inchiesta preliminare) il P.M. crede che emerga un caso criminoso, sarà ordinata la catalogazione nel registro delle informazioni di reato.

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È illecito il verdetto con cui il Pubblico Ministero, dopo aver disposto la catalogazione sul registro penale di un dossier in cui siano in modo astratto rappresentate fattispecie criminose, ne ordini in seguito il trasferimento nel registro dei documenti non istituenti informazione di reato, considerando che gli elementi in esso inclusi non avrebbero alcuna rilevanza penale (cass. sent. 4259 del 13-7-91).

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Per quanto riguarda la pratica da osservare per l’archiviazione dei documenti catalogati a mod.45, il Min. Graz. e Giust. — Aff. pen. — con postilla in data 22-5-1991, inDocumenti Giustizia, 1991, pag.123, ha sottolineato quanto segue:

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“Si convalida l’approvazione dell’impostazione già manifestata in replica alla domanda del procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Orvieto del 13 gennaio 1990, in base a cui le informazioni non formanti avvisi di reato non soggiacciono ad un iter formale di archiviazione, in base agli artt. 409 e 411 c.p.p.

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La diversa impostazione convalidata dall’Ispettorato trae sollievo soltanto apparente dal verdetto Cass. Sez. III, 28 gennaio 1991 (incluso nella nota) che, di fatto, analizza casi totalmente differenti e contraddistinti dalla già avvenuta catalogazione nel registro dei dati di reato di un evento segnalato come tale e in merito al quale il magistrato delegato alle inchieste preliminari aveva per errore respinto l’archiviazione perché tale disposizione “sarebbe indicata dal modello processuale solo per gli eventi astrattamente e dal principio considerati come fattispecie criminose”.

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In realtà, la circostanza che deve essere analizzata è quella, in un certo senso introduttiva, connessa al dovere di catalogazione nel registro di cui all’an. 335 c.p.p. delle note informazioni non definite di reato, di quei dati cioè, che, rispetto alle querele, al referto, agli atti di accusa (artt. 331-334, 341-343 c.p.p.), non sono ex lege giudicate come “dati di reato” e la cui definizione è, al contrario, rinviata alla deliberazione dell’organo deputato all’inchiesta.

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Al riguardo, la deliberazione del suddetto organo può avere due risultati: la catalogazione nel registro di cui all’art. 335 c.p.p. se l’informazione costituisce, secondo il Pubblico Ministero, avviso di reato, o il rimando diretto all’archivio se il Pubblico Ministero giunga a decisioni finali differenti. Il punto centrale della questione è ben afferrato dal verdetto

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